Skip to content
Scarica la versione pdf di questo articolo

 

 

Nella prassi quotidiana delle transazioni internazionali si assiste frequentemente a casi di cessione di beni con resa Ex Works (o franco fabbrica), in cui il venditore effettua la consegna della merce mettendola a disposizione dell’acquirente, in locali propri o in un luogo convenuto, lasciando a quest’ultimo l’onere di trasportare la merce dove destinata. Restano quindi a carico del compratore i rischi inerenti al trasporto della merce.

Questo tipo di resa va gestita con attenzione quando la normativa Iva pone a carico di un determinato soggetto l’onere di curare il trasporto della merce, e ciò al fine di avvalersi di una disposizione di favore, che tipicamente porta ad esonerare la transazione dall’imponibilità iva. Si pensi al caso delle esportazioni con trasporto a cura dell’acquirente, ai sensi dell’art.8 comma 1 lett.b) del decreto Iva (Dpr 633/1972), ma anche alla più complessa casistica delle triangolazioni, interne e intracomunitarie. L’art.58 del Dl 331/1993, ad esempio, considera non imponibile una cessione di beni da un soggetto iva italiano ad un altro, purché i beni siano “trasportati o spediti in altro Stato membro a cura o a nome del cedente, anche per incarico dei propri cessionari”.

Nelle cessioni più semplici, dove sono presenti un venditore ed un acquirente, la questione si risolve in modo piuttosto agevole, ammettendo la non imponibilità iva dove si riesca a dimostrare, con ogni mezzo disponibile, che la merce è giunta a destinazione nello stato prescelto. Ciò che rileva fondamentalmente è il transito dei beni verso un altro stato, europeo o extraeuropeo.

Più complesso è il caso delle cessioni triangolari, quando un promotore acquista un bene da un primo cedente e lo fa trasportare direttamente al proprio cliente. In questa situazione non è indifferente la scelta del soggetto che cura il trasporto. Particolarmente delicato è il caso in cui il trasporto sia gestito dal promotore, primo acquirente.

Nel corso del tempo la norma iva è stata interpretata dalla giurisprudenza, anche di più alto grado, in una chiave orientata alla sostanza piuttosto che alla forma. Ultimo esempio è quello dell’ordinanza della Corte di Cassazione n.14853/2023 che, affrontando il caso di una triangolazione interna, ribadisce il seguente principio di diritto: “In caso di operazioni triangolari interne al territorio dell’Unione, ove vi siano due cessioni successive con tre operatori, di cui almeno uno sito al di fuori del territorio nazionale e oggetto di un solo trasporto, non è imponibile la prima cessione di beni, ove si accerti che la merce oggetto della suddetta cessione venga trasportata dal primo acquirente nel territorio dello Stato del cessionario, senza che il primo acquirente possa disporre della merce come proprietario ma risulti meramente interposto al fine di assolvere a un vincolo di consegna della merce al terzo soggetto passivo che la immetta in consumo”.

Superando una rigida lettura del dispositivo di legge, i giudici avallano la tendenza a collegare la non imponibilità della prima cessione alla volontà delle parti di realizzare un’unica transazione, più che al soggetto che materialmente cura il trasporto. L’assenza del potere di disporre dei beni da parte del promotore (o primo acquirente) della triangolazione fa sì che la transazione sia concepita fin dalla sua origine come unitaria e non come la combinazione di due cessioni. La prima cessione non rileva quale cessione imponibile effettuata nel territorio dello Stato del cedente, ma “come fase preliminare dell’operazione intracomunitaria che si perfeziona con il trasferimento del bene in altro Stato membro ove risiede il soggetto passivo indicato già all’origine come destinatario finale”.

Ciò che conta, nei fatti, è la volontà delle parti di realizzare un’unica operazione che ha come destinatario finale il soggetto estero; la prova che il primo cedente è tenuto a dare per non assoggettare ad iva la prima cessione è che la transazione non possa essere considerata la somma di due cessioni autonome, ma che la prima sia funzionale alla seconda. Condizione per poterlo fare è che si possa dimostrare, indipendentemente da chi cura materialmente il trasporto, che il primo acquirente non abbia la disponibilità dei beni oggetto del trasporto, i quali sono indirizzati al destinatario finale.

Se da un lato questa lettura conforta gli operatori economici, maggiore preoccupazione desta la declinazione che gli uffici dell’Agenzia delle Entrate tendono a darne.

Uno degli ultimi esempi è rappresentato dalla risposta all’interpello n.136/2023, in cui un soggetto nazionale (più precisamente, identificato ai fini iva in Italia) cede beni italiani a un soggetto comunitario (Alfa) che si occuperà di esportare i beni dall’Italia verso uno Stato extra Ue, dove ha già individuato il successivo acquirente, per il tramite dei gestori del magazzino italiano. I beni saranno quindi trasportati per conto di Alfa (primo acquirente).

L’Agenzia, debitamente sollecitata dall’interpellante, avalla la posizione di quest’ultimo che non intende avvalersi delle cosiddette “esportazioni indirette” (ai sensi dell’art. 8, primo comma, lett. b) del d.P.R. 633 del 1972) nell’effettuare la prima cessione e sostiene che il trasporto dei prodotti fuori dal territorio doganale dell’Unione Europea è eseguito dal terzo gestore del magazzino per conto di ALFA nella sua veste di cedente dei beni all’acquirente finale extra UE. “Pertanto, non può considerarsi verificata la condizione del trasporto/spedizione dei beni fuori dal territorio dell’Unione Europea ”a cura del cessionario non residente o per suo conto”, richiesta dal citato art. 8, comma 1, lett. b), del decreto IVA, in quanto, a prescindere dalle modalità c.d. ”flash title” con le quali avviene il trasferimento dei cosmetici (…) nel caso in esame il trasporto dei beni relativo alla cessione che intercorre tra ALFA e i Distributori extra UE è effettuato da ALFA in veste di cedente.” Ora, è evidente il margine di incertezza che genera una risposta di questo tipo, risultando difficile per un operatore identificare con chiarezza quando una cessione triangolare possa essere considerata come un’unica transazione e quando invece debba essere considerata come la somma di due transazioni distinte, con conseguente applicazione dell’iva in caso di trasporto curato dal primo acquirente. Il primo cedente peraltro potrebbe anche non sapere che i beni sono destinati ad un terzo e, se il trasporto viene curato dall’acquirente, potrebbe esentarlo da iva in modo errato. Seppur, ricordiamo, le triangolazioni con trasporto curato dal primo acquirente sono state legittimate dall’Agenzia ancora nella circolare 13 del 1994.

In questo contesto, nell’auspicare una maggiore certezza per il futuro e il consolidarsi di una visione maggiormente improntata alla sostanza, non si può che consigliare prudenza nell’utilizzo di queste clausole di cessione e, nel dubbio, affidare la cura del trasporto dei beni al primo cedente dell’operazione triangolare, in modo da ridurre i rischi di possibili contenziosi.


Post scritto da:

Dott.ssa Marta Mattiello

Dottore commercialista e revisore legale

 

 

Condividi questo articolo su: