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In relazione al disposto del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 22 marzo 2020 riteniamo utile fornire alcune possibili linee interpretative che pur non trovando ad oggi chiarimenti ufficiali riteniamo siamo in linea con lo spirito del Decreto stesso.

Anzitutto va ricordato che il DPCM 22 marzo 2020 battezzato dalla stampa “Decreto Chiudi Italia” dispone la sospensione a fare data dal 25.03.2020 e fino al 03.04.2020 di tutte le attività industriali e commerciali ad eccezione di quelle indicate nell’Allegato 1 allo stesso Decreto. (Allegato rivisto e aggiornato con provvedimento del 25.03.2020 – l’allegato definitivo è reperibile al seguente LINK)

L’allegato 1 contiene un elenco dettagliato di attività e categorie di attività riepilogate in base al c.d codice ATECO. Come noto il codice ATECO è un codice alfanumerico che identifica la classificazione adottata dall’ISTAT per classificare le attività a livello contributivo e le rilevazioni statistiche nazionali di carattere economico.

Il codice ATECO è comunicato da ogni impresa al Registro Imprese ed è consultabile da ognuno attraverso una visura camerale nella sezione Attività, albi ruoli e licenze. Ai fini dell’individuazione dell’attività esercitata riteniamo preferibile fare riferimento all’attività comunicata da ogni azienda al Registro delle Imprese, rispetto a quella comunicata all’Agenzia delle Entrate in quanto la prima è soggetta ad un controllo preventivo da parte del Registro delle Imprese medesimo circa la conformità di quanto comunicato con l’attività risultante dall’oggetto sociale.

In caso di difformità tra attività comunicata ed attività effettivamente esercitata si ritiene di dover fare riferimento all’attività effettivamente esercitata attivandosi però immediatamente per comunicare le necessarie variazioni/correzioni.

Per eventuali dubbi interpretativi può risultare utile consultare il sito dell’ISTAT all’indirizzo https://www.istat.it/it/archivio/17888, il sito fornisce infatti il dettaglio delle attività rientranti nei diversi codici e categorie di codici con alcuni esempi di chiarimento.

È comunque consentita la prosecuzione di quelle attività che, seppure sospese, possono essere svolte in modalità a distanza o lavoro agile (smart working).

Molteplicità di attività

Una questione che sta interessando molte imprese in questo particolare momento riguarda la problematica del cosiddetto codice attività secondario. Spesso infatti le attività in concreto esercitate dalle società rientrano in più codici attività e pertanto vengono generalmente comunicati al Registro delle Imprese più codici attività.

La domanda ricorrente nella giornata di oggi è: “se delle mie varie attività esercitate solo alcune rientrano tra le attività dell’Allegato 1 del DPCM 22.02.2020 mentre altre non vi rientrano posso rimanere aperto?”

Ovviamente al momento la legittima domanda non ha trovato risposte ufficiali tuttavia si può pensare che in tale specifico caso sia ammissibile mantenere aperto ma limitatamente alle funzioni aziendali necessarie allo svolgimento dell’attività ammessa. E’ evidente infatti che se un’officina meccanica (codice 25.62 non incluso) ha come codice attività anche l’attività di collaudo ed analisi tecniche (codice 71.20 incluso), potrà rimanere aperta limitatamente alle funzioni direttamente o indirettamente necessarie per lo svolgimento dell’attività di collaudo e analisi tecniche e non anche per svolgere le attività di lavorazione meccaniche generiche.

Filiere produttive

Una seconda importante questione riguarda i casi in cui un’attività non rientrante nell’Allegato 1 (esempio la solita officina meccanica codice 25.62) debba consegnare dei materiali e delle forniture ad un cliente che invece lavora in un settore rientrante nell’Allegato 1, esempio cliente con codice ATECO 28.93 (Fabbricazione di macchine per l’industria alimentare).

In tale caso il DPCM all’art.1 comma 1 lettera d) prevede espressamente che “restano sempre consentite anche le attività che sono funzionali ad assicurare la continuità delle filiere delle attività di cui all’allegato 1, […], previa comunicazione al Prefetto della provincia ove è ubicata l’attività produttiva,” la comunicazione alla prefettura dovrà inoltre indicare specificamente i clienti beneficiari dei prodotti e servizi attinenti all’attività consentita.

Sarà pertanto necessario che il cliente, la cui attività è consentita, fornisca una specifica richiesta di continuità produttiva, in tal caso l’impresa pur se non rientrante nell’Allegato 1 potrà continuare a lavorare ma pur sempre limitatamente a quanto direttamente o indirettamente necessario allo svolgimento dell’attività richiesta da quel specifico cliente.

In considerazione della dimensione internazionale dell’emergenza COVID-19 e del fatto che il DPCM 22.03.20 non distingue tra imprese Italiane o estere si può ragionevolmente ritenere che la richiesta di continuità produttiva possa provenire anche da un cliente estero, ferma restando l’esigenza che tale cliente operi in un settore tra quelli elencati nell’Allegato 1 ovvero eroghi servizi essenziali e di pubblica utilità ovvero produca, trasporti, commercializzi o consegni farmaci, tecnologia sanitaria o dispositivi medicochirurgici o prodotti agricoli e alimentari. Anche in tal caso sarà necessario indicare nella comunicazione alla prefettura il beneficiario estero dell’attività.

La comunicazione non è soggetta ad approvazione da parte della Prefettura, vale pertanto il silenzio assenso, tuttavia il Prefetto può comunque sospendere l’attività qualora ritenga che non sussistano le condizioni previste dalla norma. (Sanzioni: Il Provvedimento approvato dal CdM del 24.03.2020 (in attesa di emanazione) dovrebbe prevedere la chiusura dell’esercizio o dell’attività da 5 a 30 giorni per chi viola gli obblighi di sospensione).

Smart working e accesso ai locali aziendali

Per le attività che sono sospese ma che si sono potute organizzare in modalità smart working è immaginabile che con il protrarsi della sospensione si renda necessario in occasioni eccezionali accedere ai locali aziendali (ad esempio per effettuare pagamenti, acquisire documentazione necessaria all’attività svolta da remoto ecc.) si può ritenere che in tali ipotesi sia ammissibile per dipendenti e amministratori accedere ai locali aziendali, meglio però su specifica richiesta da parte del datore di lavoro da esibire in caso di verifica.

Per ogni chiarimento necessario vi invitiamo a consultare le FAQ sul sito del ministero dell’interno http://www.governo.it/it/articolo/decreto-iorestoacasa-domande-frequenti-sulle-misure-adottate-dal-governo/14278

Inoltre si segnala che Confindustria il 24.03.2020 ha emanato una Nota di Aggiornamento contenente la FAQ sul DPCM 22 marzo 202 consultabile al LINK


Post scritto da:
Dott. Marco Snichelotto

Dottore commercialista e revisore legale.

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