PREMESSA
Il regolamento UE 2018/1992 fornisce, per la prima volta a livello comunitario, un elenco di documenti che potranno essere utilizzati dagli operatori per fornire la prova del trasferimento fisico dei beni da uno stato membro ad un altro, al fine di poter usufruire del regime di non imponibilità delle cessioni di beni intracomunitarie.
Il regolamento è in vigore dal 01/01/2020 ed è immediatamente applicabile in tutti gli stati membri, non essendo necessario il suo recepimento a livello nazionale.
REQUISITI DELLE CESSIONI INTRACOMUNITARIE
Come noto, si considerano cessioni intracomunitarie non imponibili ai sensi dell’art. 41 DL 331/1993 le cessioni di beni effettuate tra operatori economici, a titolo oneroso e con trasporto dei beni da uno stato membro ad un altro.
Pertanto affinchè una cessione intracomunitaria possa godere del regime di non imponibilità IVA, devono ricorrere congiuntamente tutti i seguenti presupposti:
- acquirente e cedente sono operatori economici (soggetti passivi iscritti al VIES);
- la cessione è effettuata a titolo oneroso;
- vi è il trasferimento della proprietà dei beni;
- vi è il trasporto dei beni da uno stato membro ad un altro.
La mancanza anche di uno solo dei presupposti sopra elencati, rende inapplicabile il regime di non imponibilità della cessione con conseguente assoggettamento dell’operazione ad IVA.
Come anticipato in premessa, tuttavia, né la normativa comunitaria, né la normativa nazionale specificavano quali fossero i documenti utili per fornire la prova della effettiva movimentazione fisica dei beni da uno stato membro ad un altro; in Italia, tale vuoto normativo è stato nel tempo colmato dall’Agenzia delle entrate che, con una serie di documenti di prassi emanati in conformità agli orientamenti espressi dalla Corte di Giustizia e dalla Corte di Cassazione, ha fornito indicazioni circa i documenti utilizzabili per provare il trasporto dei beni in altro stato membro.
Il vuoto normativo in materia di prova delle cessioni intracomunitarie è stato ora colmato con il regolamento UE 2018/1992 che, come anticipato, è in vigore dal 01/01/2020 ed è immediatamente applicabile in tutti gli stati membri.
I MEZZI DI PROVA PREVISTI DAL REGOLAMENTO UE 2018/1992
Il regolamento UE 2018/1992 individua un elenco di documenti che potranno essere utilizzati per provare il trasferimento fisico dei beni all’interno della UE al fine di beneficiare della non imponibilità IVA della cessione intracomunitaria.
Secondo il regolamento, i beni si presumono trasportati in altro stato membro se vengono forniti almeno 2 dei seguenti documenti, rilasciati da soggetti diversi tra loro ed indipendenti dal venditore o dall’acquirente.:
- documento di trasporto o CMR firmato (il regolamento non specifica da chi deve esser firmato il DDT o il CMR, ma poiché è richiesto che la documentazione sia rilasciata da soggetti terzi rispetto al venditore e all’acquirente, è ragionevole ritenere che la firma richiesta sia quella del vettore, per presa in carico; ovviamente sul punto sarebbero auspicabili chiarimenti);
- polizza di carico;
- fattura di trasporto aereo;
- fattura dello spedizioniere.
In alternativa, i beni si presumono trasportati in altro stato membro se viene fornito uno qualsiasi dei documenti precedentemente elencati in aggiunta ad uno qualsiasi dei seguenti documenti:
- polizza assicurativa relativa al trasporto;
- documenti bancari attestanti il pagamento per il trasporto;
- documenti rilasciati da una pubblica autorità, ad esempio un notaio, che confermano l’arrivo dei beni nello stato membro di destinazione;
- ricevuta rilasciata da un depositario nello stato membro di destinazione che confermi il deposito dei beni in tale stato membro.
VENDITE EX WORKS CON VETTORE
In aggiunta, nell’ipotesi in cui i beni vengono spediti dal cessionario, direttamente o tramite terzi per suo conto, (c.d. vendite ex works o franco fabbrica) per provare il trasferimento fisico dei beni verso lo stato membro di destinazione il venditore dovrà essere in possesso, oltre ai documenti precedentemente descritti, di una dichiarazione scritta dall’acquirente che certifica che i beni sono stati trasportati dall’acquirente, o da un terzo per suo conto, e che identifica lo stato membro di destinazione.
La dichiarazione di cui sopra deve contenere:
- la data di rilascio;
- il nome e l’indirizzo dell’acquirente;
- la quantità e la natura dei beni;
- la data e il luogo di arrivo dei beni;
- l’identificazione della persona che accetta i beni per conto dell’acquirente;
- in caso di cessione di mezzi di trasporto, il numero di identificazione del mezzo.
La dichiarazione di cui sopra deve essere inviata entro il decimo giorno del mese successivo alla cessione; ad ogni buon conto, le note esplicative al regolamento precisano che il venditore non decade dal regime di non imponibilità della cessione intracomunitaria qualora entri in possesso della dichiarazione in un momento successivo rispetto al termine previsto dal regolamento.
Sul punto si segnala inoltre che le stesse note esplicative al regolamento precisano come non sia richiesta una specifica forma per la dichiarazione dell’acquirente (che potrà essere, dunque, cartacea, o elettronica, ecc.): qualunque documento, contenente le informazioni richieste, può assumere il valore di dichiarazione dell’acquirente per gli scopi previsti dal regolamento.
Così stando le cose, si potrebbe ipotizzare che, per gli scopi del regolamento, la dichiarazione dell’acquirente possa essere resa attraverso il CMR, opportunamente integrato in modo da contenere tutti gli elementi richiesti, in particolare con integrazione della identificazione della persona che accetta i beni per conto dell’acquirente e, ovviamente, con la firma dell’acquirente per ricezione della merce.
È pur vero tuttavia che nelle cessioni franco fabbrica il recupero del CMR firmato dall’acquirente risulta problematico per il venditore, dal momento che in tali casi quest’ultimo perde il controllo sulla movimentazione fisica dei beni; per tale motivo, potrebbe essere utile inserire apposite clausole contrattuali che prevedano, nelle cessioni franco fabbrica, l’obbligo a carico dell’acquirente di restituire copia firmata del CMR o anche, qualora il potere contrattuale lo consenta, la responsabilità dell’acquirente per l’iva recuperata dall’amministrazione finanziaria in relazione alle cessioni per le quali non è stato possibile fornire prova dell’uscita dei beni dal territorio nazionale a causa del mancato inoltro di copia del CMR firmato da parte dell’acquirente.
La soluzione prospettata, ovvero la prova dell’uscita dei beni dal territorio nazionale fornita attraverso il CMR firmato, oltre che dal vettore, anche dall’acquirente, parrebbe peraltro in linea con la prassi diramata negli anni dall’amministrazione finanziaria, dalla quale si desume che il CMR firmato da vettore e cliente comunitario sia, per l’amministrazione, la prova più attendibile della cessione intracomunitaria, richiedendosi invece la dichiarazione di ricezione dei beni da parte dell’acquirente solo ad integrazione di un CMR (o DDT) firmato solo dal vettore per presa in carico dei beni (e non anche dal cliente comunitario).
Sarebbe ad ogni modo quantomeno opportuno che l’amministrazione finanziaria confermasse la possibilità di continuare a fornire la prova delle cessioni comunitarie, ivi comprese quelle franco fabbrica, secondo le indicazioni già fornite in passato con i propri documenti di prassi, anche dopo l’entrata in vigore del regolamento.
VENDITE EX WORKS SENZA VETTORE
Una ulteriore criticità è inoltre riscontrabile ogniqualvolta il trasporto si svolga attraverso mezzi di trasporto propri del cedente o del cessionario: in tali casi, infatti, la documentazione richiesta dal regolamento non potrebbe mai essere prodotta, poiché i documenti devono provenire da soggetti indipendenti tra loro e diversi dal cedente e dal cessionario; pertanto, è indispensabile che la prova della movimentazione fisica dei beni possa continuare ad essere fornita anche con mezzi diversi da quelli previsti dal regolamento.
In buona sostanza, il Regolamento va probabilmente inteso nel senso di aver armonizzato a livello europeo le prove documentali che garantiscono agli operatori economici il riconoscimento della non imponibilità iva della cessione intracomunitaria in conseguenza della dimostrata movimentazione fisica dei beni da uno stato membro ad un altro (salvo prova contraria dell’amministrazione finanziaria), ben potendo tuttavia gli stati membri ammettere anche prove diverse ed alternative rispetto a quelle richieste dal regolamento.
EFFICACIA DEI DOCUMENTI DI PROVA
In effetti, il regolamento UE 2018/1992 introduce una presunzione relativa in base alla quale i beni si presumono trasportati nello stato membro di destinazione qualora vengano forniti i documenti di prova precedentemente descritti; gli stati membri sono obbligati ad applicare quanto previsto dal regolamento e pertanto, qualora gli operatori forniscano i documenti richiesti dal regolamento, hanno sempre diritto a beneficiare della presunzione di trasporto dei beni in altro stato membro con conseguente applicazione del regime di non imponibilità alla cessione intracomunitaria.
L’amministrazione finanziaria potrà in ogni caso fornire prova contraria, e dunque disconoscere la non imponibilità della cessione, se possiede elementi sufficienti a dimostrare che i beni non sono stati spediti o trasportati in altro stato membro, o parimenti se dimostra che i documenti esibiti dalle parti sono falsi o non corretti.
Allo stesso tempo, le note esplicative del Regolamento chiariscono che se l’operatore non riesce ad esibire i documenti di prova tassativamente richiesti, non si produce automaticamente il venir meno del regime di non imponibilità della cessione intracomunitaria e il suo assoggettamento ad iva: in tal caso, spetterà al fornitore dimostrare, con modalità ritenute soddisfacenti dalle autorità fiscali, l’avvenuta movimentazione fisica dei beni da uno stato ad un altro.
Inoltre, si consideri che è facoltà per gli stati membri continuare ad applicare, ove esistenti, regole nazionali meno rigide rispetto a quelle introdotte con il Regolamento; questo significa che gli stati membri possono continuare a individuare procedure alternative per fornire la prova dell’uscita dei beni dal territorio dello stato, anche dopo l’entrata in vigore del regolamento; al riguardo, come anticipato, è auspicabile che anche l’amministrazione finanziaria italiana chiarisca in modo inequivocabile che, anche dopo l’entrata in vigore del regolamento, la prova dell’uscita dei beni dal territorio nazionale può continuare ad essere fornita attraverso i documenti individuati dalla prassi emanata in passato.
I DOCUMENTI DI PRASSI EMANATI DALL’AGENZIA ENTRATE ITALIANA
Come già anticipato, la legge italiana non contiene una elencazione di documenti che gli operatori devono acquisire e conservare per provare la movimentazione fisica dei beni in occasione delle cessioni intracomunitarie; tale vuoto normativo è stato, col tempo, colmato da una serie di documenti di prassi dell’agenzia entrate, emanati in conformità ai pronunciamenti della Corte di Giustizia e della Corte di Cassazione.
Le prime indicazioni dell’agenzia entrate sono state fornite con risoluzione 345/E del 2007, con la quale è stata ritenuta sufficiente la seguente documentazione al fine di provare la cessione intracomunitaria:
- fattura di vendita emessa all’acquirente;
- elenchi intrastat relativi alle cessioni intracomunitarie;
- CMR firmato dal trasportatore e dal destinatario;
- Rimessa bancaria dell’acquirente relativa al pagamento della merce.
La risoluzione in parola, all’epoca, destò preoccupazione tra gli operatori, per le evidenti difficoltà a reperire i documenti richiesti, e principalmente il CMR firmato tanto dal trasportatore quanto dal destinatario, nelle cessioni “franco fabbrica”.
Con risoluzione 477/E del 2008 l’agenzia precisò pertanto che i documenti richiesti con la risoluzione del 2007 erano puramente esemplificativi, per cui la prova di avvenuta cessione comunitaria può essere fornita con qualunque altro documento idoneo a dimostrare l’invio dei beni in altro stato membro.
Il tema della documentazione richiesta per le cessioni franco fabbrica è stato affrontato anche con risoluzione 19/E del 2013; in tale documento, l’agenzia entrate ammette che la prova sia fornita attraverso un CMR elettronico contenente tutte le informazioni riportate in quello cartaceo (data della spedizione e firma di cedente, vettore e cessionario), unitamente ai documenti già precedentemente elencati (fattura di vendita, elenchi intrastat, documentazione bancaria e documentazione relativa agli impegni contrattuali assunti).
Infine, con risposta 100 del 2019, l’Agenzia Entrate ha di fatto affermato che il CMR o DDT firmati dal destinatario per ricezione, possono essere sostituiti da una dichiarazione di ricezione delle merci resa dal cessionario e contenente gli elementi utili ad individuare i soggetti coinvolti e a definire l’operazione; oltre a tale dichiarazione, l’Agenzia ribadisce che devono essere conservati le fatture di vendita, la documentazione bancaria, la documentazione relativa agli impegni contrattuali assunti e gli elenchi Intrastat.
Esaminando la prassi diramata dall’agenzia delle entrate, si desume, come già anticipato, che per l’amministrazione finanziaria il CMR recante la firma del trasportatore e dell’acquirente comunitario rappresenti il principale mezzo di prova della cessione intracomunitaria; peraltro, gli ulteriori documenti richiesti (fatture di vendita, elenchi intrastat delle cessioni intracomunitarie, documentazione bancaria relativa al pagamento) risultano di facile acquisizione anche in relazione alle vendite franco fabbrica. Di qui, la speranza che l’agenzia ribadisca la validità del proprio orientamento anche a seguito dell’entrata in vigore del regolamento.
Post scritto da:
Dott. Luigi Dalla Vecchia
Dottore commercialista e revisore legale.