
Il DLgs n. 87/2024 intervenendo sull’art.7 c.1 del Dlgs 471/1997 ha introdotto importanti modifiche al sistema sanzionatorio in materia di IVA, estendendo il sistema delle sanzioni previste per le esportazioni “indirette” (art.8 c.1 lett.b) del Dpr 633/1972) anche alle cessioni intra-Ue di beni (art.41 del DL n. 331/1993).
Cosa cambia con il DLgs 87/2024
La principale novità riguarda l’introduzione di una sanzione pari al 50% dell’IVA per chi effettua cessioni intra Ue non imponibili qualora il bene sia trasportato in un altro Stato Ue dal cessionario (o da terzi per suo conto) e non risulti pervenuto in tale Stato entro 90 giorni dalla data di consegna.
La sanzione non si applica se, entro i successivi 30 giorni (e quindi entro 120 giorni dalla consegna) viene eseguito il versamento dell’imposta dovuta, mediante regolarizzazione della fattura originaria con l’emissione di una nota di variazione in aumento della sola Iva.
Decorrenza della sanzione
Le nuove disposizioni si applicano alle operazioni effettuate a partire dal 1 settembre 2024.
Per le cessioni effettuate fino al 31 agosto 2024, non è necessario monitorare il momento dell’arrivo dei beni a destinazione ai fini della regolarizzazione. Rimane comunque fermo l’obbligo di provare l’avvenuto trasferimento fisico del bene nello Stato membro di destinazione per garantire la spettanza del titolo di non imponibilità.
Come provare l’avvenuto trasporto entro i 90 giorni?
I 90 giorni (da intendersi di calendario) vanno conteggiati a partire dalla consegna/messa a disposizione dei beni, assumendo quindi rilevanza il documento che attesta tale circostanza (ad es. il ddt). La data fattura dovrebbe valere solo nei casi in cui non è altrimenti rilevabile quella di consegna (circolare Min. Finanze 26/1979).
L’elemento da monitorare è la data in cui il bene risulta pervenuto nello Stato membro di destinazione. Diventa, quindi, di grande aiuto la dichiarazione di ricezione della merce da parte del cessionario (dichiarazione scritta), documento utile al fine di provare l’avvenuto trasferimento dei beni per l’applicazione della non imponibilità dell’operazione (art.45-bis del Reg. 282/2011).
Per le cessioni all’esportazione la data di esportazione viene “garantita” dalla dogana ed è facilmente reperibile mediante interrogazione del MRN nel sito dell’Agenzia delle Dogane. Più complicato è provare l’effettiva consegna della merce in un Paese Ue, cui si aggiunge ora anche il nuovo termine di consegna.
In materia di cessioni Intra Ue, l’Agenzia delle Entrate è intervenuta più volte in argomento con le risoluzioni n.345/2007, n. 477/2008 e n. 19/2013.
Con la risoluzione n. 345/2007, l’Agenzia ha chiarito che, oltre a conservare le fatture e gli elenchi Intrastat presentati (la cui compilazione costituisce requisito sostanziale della prova di non imponibilità), può costituire prova idonea anche l’esibizione del ddt firmato sia dal venditore che dall’acquirente ovvero la CMR firmata dal trasportatore per presa in carico della merce e dal destinatario per ricevuta. L’Agenzia in tale risoluzione ha inoltre confermato che devono essere conservati sia la documentazione bancaria (per dimostrare l’onerosità della cessione) sia la copia degli altri documenti attestati gli impegni contrattuali che hanno dato origine alla cessione intracomunitaria e al trasporto.
L’Agenzia delle Entrate è intervenuta successivamente con la Risoluzione n. 477/2008, trattando della consegna con clausola Exw (Ex Works o franco fabbrica), ritenendo che in mancanza del CMR debitamente sottoscritto, la prova possa essere fornita con qualsiasi documento che sia idoneo (in modo incontrovertibile) a dimostrare l’invio delle merci (ad es. contratto compravendita, fattura di vendita, ddt firmato, elenco Intrastat, pagamento ricevuto, corrispondenza fra le parti, una dichiarazione inviata dall’acquirente con il quale afferma di aver ricevuto la merce, la data di rilascio, il nome e l’indirizzo dell’acquirente, la quantità e la natura dei beni, la data e il luogo di arrivo dei beni e l’identificazione della persona che accetta i beni per conto dell’acquirente).
Con la risoluzione n.19/2013 l’Agenzia ha confermato che non è sufficiente presentare un solo d.d.t per dimostrare l’esportazione della merce, ma è necessario fornire almeno due prove non contraddittorie che confermino il trasferimento. Questi documenti devono includere almeno una prova “forte” (ad esempio il CMR) e una seconda prova che possa essere un documento di supporto, come la fattura di vendita, la documentazione bancaria attestante le somme riscosse per le predette cessioni (la cessione deve essere a titolo oneroso) e la documentazione relativa agli impegni contrattuali assunti nonché agli elenchi Intrastat.
Tale orientamento ha poi trovato conferma nell’elaborazione delle cosiddette “quick fixes IVA 2020”, di matrice europea, che hanno identificato alcuni requisiti minimi per poter presumere il corretto perfezionamento di una cessione intracomunitaria in regime di non imponibilità.
Possibilità di recupero dell’IVA
L’Agenzia delle Entrate con la R.M. n. 98/E/2014 in materia di esportazioni indirette aveva chiarito che l’ottenimento della prova di trasferimento del bene dopo la scadenza dei termini legittima il recupero dell’iva anche quando:
- il bene sia stato esportato entro i 90 giorni, ma il cedente ne acquisisca la prova oltre i 30 giorni previsto per eseguire la regolarizzazione;
- il bene esca dal territorio comunitario dopo il decorso del termine di 90 giorni, purché sia acquisita la prova dell’avvenuta esportazione.
Se la cessione viene inizialmente fatturata con addebito di Iva, perché insufficienti le prove disponibili, oppure se si regolarizza la cessione non imponibile, ai sensi dell’articolo 7 del Dlgs 471/1997, perché il bene non perviene nello Stato di destinazione entro 90 giorni dalla consegna, e si paga l’imposta, è possibile recuperare l’Iva quando in un momento successivo si entri in possesso dei documenti mancanti e si completi il fascicolo documentale richiesto.
Al ricorrere di queste fattispecie, è possibile recuperare l’IVA versata qualora si ottenga la prova del trasferimento del bene. In tal caso, si potrà emettere una nota di credito ex articolo 26 c.2, del DPR n. 633/72 (entro il termine della dichiarazione annuale del periodo nel quale si verifica il presupposto per l’emissione) oppure richiedere il rimborso ex art.30-ter entro due anni dal versamento dell’Iva o, se successivo, dal verificarsi del presupposto del rimborso.
Post scritto da:
Dott.ssa Francesca Zoppello
Dottore commercialista e revisore legale